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La Quercia di Dodona

Il santuario di Dodona, in Epiro, sembra avere origini arcaiche e precedere quello, ben più celebre, di Delfi.  (...) Platone non fa che riprendere una tradizione antica e rispettata, destinata a trasmettere un impulso significativo anche a epoche successive.  Tale tradizione ci parla di un'età in cui vi era un'intima solidarietà tra dèi, uomini e natura:  la reciproca trasparenza era tale da rendere possibile una comunicazione pressoché ignota in periodi successivi.

La natura parlava e il suo linguaggio poteva essere compreso;  gli dèi non erano estranei a tale natura, che ne manifestava incessantemente le forze e le intelligenze superiori.

L'affermazione platonica, secondo la quale i processi naturali sono manifestazioni divine, non è affatto di Platone, bensì di un retaggio al quale egli si è semplicemente ricollegato;  nel contesto di questo retaggio, del quale Dodona era uno dei centri spirituali più importanti, il simbolismo della quercia occupava un ruolo privilegiato:  tale centralità, per i Greci, era chiaramente espressa nell'essere la quercia il re della vegetazione e l'albero di Zeus per eccellenza.

Chi riesce a  installarsi, anche per poco, in uno stato di serena contemplazione avente come oggetto quest'albero possente e maestoso, ancor oggi diffuso nonostante l'odiosa e devastante aggressione al bosco da parte della civiltà materialistica, può, in una certa misura, entrare in sintonia con la nobile spiritualità dell'uomo arcaico e percepirne la profondità e la serenità, per lo più incompresa e derisa dalla dominante prepotenza tecnico-scientifica che, sprezzantemente, pretende che le forze della vegetazione non siano altro che processi fisico-chimici, manipolabili a piacimento e gestibili all'insegna del calcolo economico. (Fonte: Paolo Scroccaro, La quercia sacra di Dodona, Vidya, Gennaio 2009, pag. 6 e sgg.).