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Gli alberi e il buddhismo: la tradizione theravada, intimamente connessa alla foresta

Leggiamo sul sito di Santacittarama, Monastero Buddhista nella Valle del Tevere:

La tradizione della foresta è il ramo del buddhismo Theravada in Thailandia che si attiene più strettamente alle regole monastiche originali, così come stabilite dal Buddha. Inoltre, questa tradizione, enfatizza molto la pratica della meditazione e il raggiungimento dell'illuminazione come ragione della vita monastica. I monasteri della foresta sono principalmente orientati alla pratica del sentiero buddhista: la contemplazione della visione profonda. Questo comprende una vita di disciplina, rinuncia e meditazione, volta ad ottenere una pace e una verità interiore, così com'è stato insegnato dal Buddha. Vivere una vita di austerità consente alla comunità monastica della foresta di semplificare e affinare la mente. Questa pratica permette ai monaci di esplorare con chiarezza e in modo diretto le cause fondamentali della sofferenza nel proprio cuore, mentre coltivano interiormente il sentiero che porta alla liberazione dalla sofferenza e ad una più alta felicità. Vivendo in modo frugale, con poche proprietà, i monaci godono della gioia di una vita senza oneri sociali e possono abbandonare l'avidità, l'orgoglio, e le altre cattive abitudini che opprimono la nostra mente.

La comunità monastica della foresta vive in costante contatto con la comunità laica e da essa dipende. Mentre i laici forniscono il sostegno materiale ad una vita basata sulla rinuncia, come il cibo e la stoffa per gli abiti, i monaci garantiscono ai laici l'insegnamento e l'ispirazione spirituale. I monaci della foresta seguono 227 regole di condotta. Devono mantenere il celibato, mangiare solo fra l'alba e il mezzogiorno e non toccare il denaro. Normalmente praticano il Tudong: un'attività che consiste nell'attraversare a piedi i villaggi e la campagna, sia in pellegrinaggio sia alla ricerca di un posto solitario dove potersi ritirare nella natura. Durante questa pratica, i monaci dormono dove capita e mangiano solo quello che viene loro offerto lungo la strada dai laici.

Significato storico del monachesimo della foresta

La tradizione della foresta ha avuto inizio al tempo del Buddha e, con sorti alterne, si è sviluppata attraverso tutta la storia del buddhismo. In realtà possiamo dire che la tradizione della foresta è precedente al Buddha stesso, dato che abbandonare la vita della città o del villaggio per vagare nei boschi e attraverso le montagne, era una pratica spirituale comune nell'India antica. Il Buddha seguì questa tradizione, dopo aver compiuto 29 anni, lasciando la sua precedente vita di Principe, per seguire la via che porta oltre la nascita, la vecchiaia, la malattia e la morte.

Il Buddha è nato nella foresta, ha raggiunto l'illuminazione nella foresta, ha insegnato nella foresta, ed è morto nella foresta. Molti dei suoi più grandi discepoli, come il Venerabile Añña Kondañña e il Venerabile Maha Kassapa, erano strettamente legati alla Foresta, dove mantenevano uno stile di vita di austera rinuncia. Il Buddha concesse ai suoi monaci, particolarmente determinati come i due appena nominati, di coltivare 13 pratiche speciali, chiamate Dhutanga, con cui si aderiva ad ulteriori restrizioni per ciò che concerne la veste monastica, il cibo e il tipo di riparo utilizzabile per la notte. Queste pratiche speciali di rinuncia, assieme alla pratica di vivere nella natura, hanno costituito la base fondamentale per lo sviluppo del monachesimo della foresta, durante tutta la storia del buddhismo Theravada.

I discepoli del Buddha che sceglievano di adottare queste pratiche dhutanga, vivendo in austerità nella foresta, lo facevano per molte ragioni: stare a contatto con la natura, con le sue difficoltà e i pericoli, come la minaccia costituita da tigri e serpenti, forniva loro un terreno perfetto per l'esercizio spirituale e per vincere la paura. La natura con la sua semplicità, la quiete e la bellezza originaria, assicurava un luogo piacevole in cui dimorare in pace, praticando con gioia la concentrazione nella meditazione. Inoltre la vita nella foresta consentiva a questi monaci di offrire amorevolmente un modello di virtù, utile alle generazioni future.

 

Le pratiche di questi primi asceti della foresta incarnavano l'insegnamento del Buddha e davano un esempio di come si percorra il sentiero verso la liberazione. Fin dai tempi del Buddha, la disciplina dell'ordine monastico nel suo complesso, la vitalità e l'integrità dell'insegnamento, hanno vissuto cicli di crescita e declino, di decadimento e rinascita. Attraverso questi cicli - con l'esempio dei primi discepoli che vivevano nella foresta e attraverso lo sforzo delle comunità monastiche, che si sono impegnate ad emularli, cercando di vivere una vita centrata sulla pratica della meditazione, la semplicità e la rinuncia - l'etica originale dell'insegnamento del Buddha è stata preservata e rivitalizzata.

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